23 Maggio 1992

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cuore77
00sabato 23 maggio 2009 10:53
strage di Capaci
Sono le 17,48 quando su una pista dell'aeroporto di Punta Raisi atterra un jet del Sisde, un aereo dei servizi segreti partito dall'aeroporto romano di Ciampino alle ore 16,40. Sopra c'è Giovanni Falcone con sua moglie Francesca. E sulla pista ci sono tre auto che lo aspettano. Una Croma marrone, una Croma bianca, una Croma azzurra. E' la sua scorta, erano stati raggruppati dal capo della mobile Arnaldo La Barbera.
Una squadra affiatatissima che aveva il compito di sorvegliare Falcone dopo il fallito attentato del 1989 davanti la villa del magistrato sul litorale dell'Addaura. La solita scorta con Antonio, Antonio Montinaro, agente scelto della squadra mobile che, appena vede il "suo" giudice scendere dalla scaletta, infila la mano destra sotto il giubbotto per controllare la pistola.
Tutto è a posto, non c'è bisogno di sirene, alle 17,50 il corteo blindato che trasporta il direttore generale degli Affari penali del ministero di Grazia e giustizia è sull'autostrada che va verso Palermo.
Tutto sembra tranquillo, ma così non è. Qualcuno sa che Falcone è appena sbarcato in Sicilia, qualcuno lo segue, qualcuno sa che dopo otto minuti la sua Croma passerà sopra quel pezzo di autostrada vicino alle cementerie.
La Croma marrone è davanti. Guida Vito Schifani, accanto c'è Antonio, dietro Rocco Di Cillo. E corre, la Croma marrone corre seguita da altre due Croma, quella bianca e quella azzurra. Sulla prima c'è il giudice che guida, accanto c'è Francesca Morvillo, sua moglie, anche lei magistrato. Dietro l'autista giudiziario, Giuseppe Costanza, dal 1984 con Falcone, che era solito guidare soltanto quando viaggiava insieme alla moglie. E altri tre sulla Croma azzurra, Paolo Capuzzo, Gaspare Cervello e Angelo Corbo. Un minuto, due minuti, la campagna siciliana, l'autostrada, l'aeroporto che si allontana, quattro minuti, cinque minuti.
Ore 17,59, autostrada Trapani-Palermo. Investita dall'esplosione la Croma marrone non c'è più. La Croma bianca è seriamente danneggiata, si salverà Giuseppe Costanza che sedeva sui sedili posteriori. La terza, quella azzurra, è un ammasso di ferri vecchi, ma dentro i tre agenti sono vivi, feriti ma vivi. Feriti come altri venti uomini e donne che erano dentro le auto che passavano in quel momento fra lo svincolo di Capaci e Isola delle Femmine.

Fu Buscetta a dirglielo: "L'avverto, signor giudice. Dopo quest'interrogatorio lei diventerà forse una celebrità, ma la sua vita sarà segnata. Cercheranno di distruggerla fisicamente e professionalmente. Non dimentichi che il conto con Cosa Nostra non si chiuderà mai. E' sempre del parere di interrogarmi?".
Giovanni Falcone, "Cose di Cosa Nostra" (Rizzoli, 1991): "Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande".

cuore77
00sabato 23 maggio 2009 10:56
Anniversario....

Erano le 17.58 del 23 maggio 1992 quando una carica di tritolo posizionata sulla collina a ridosso dello svinolo autostradale di Capaci, spezzò la vita di Giovanni Falcone, della compagna Francesco Morvillo e degli uomini della sua scorta. A distanza di 17 anni, chi per pura “formalità” chi per sincero attaccamento all’immagine dell'uomo che per primo ha deciso di combattere Cosa Nostra, Palermo, la Sicilia e tutta l’Italia, rendeno omaggio al giudice Falcone.

In rete e sulla agenzie di stampa si rincorrono già le dichiarazioni di politici e funzionari di stato che non mancano di ricordar"lo" e con lui il collega Paolo Borsellino (anch'egli vittima di un attentato il 22 luglio dello stesso anno in via D’Amelio), per l’apporto dato nella lotta alla criminalità organizzata. Il Capo dello Stato, Napolitano, si e’ recato presso la Caserma Lungaro della Polizia, a Palermo, e dopo le note del Silenzio e la deposizione di una corona di fiori ha incontrato i familiari delle vittime di mafia. Al suo fianco il presidente del Senato Renato Schifani e il ministro dell’Interno Roberto Maroni. Presenti anche il capo della Polizia, Antonio Manganelli, il procuratore nazionale Antimafia, Pietro Grasso (ieri ospite a Matrix ndr), il presidente della Regione Raffaele Lombardo e il sindaco di Palermo Diego Cammarata.

«Le idee di Falcone e Borsellino non sono state uccise dal tritolo e camminano su gambe forti, quelle di una nuova società civile e di un nuovo modo di sentire del mondo politico e imprenditoriale che lottano contro la mafia e contro la cultura mafiosa – ha dichiarato il presidente dell’Ars Cascio - Le recenti operazioni delle forze dell’ordine – continua - sono importanti successi per mettere all’angolo la criminalità organizzata. La politica deve sapere cogliere i segnali positivi che emergono dalla società civile, approvando quelle leggi, come le misure contro il racket,che tolgono linfa al parassitismo mafioso che soffoca la rinascita della Sicilia».

Anche Messina non dimentica di dare il proprio contributo per onorare la memoria di Falcone. In programma nel pomeriggio la fiaccolata organizzata dall’associazione Energia Messinese alle 17.58 in punto (ora dell’esplosione). Dopo l’appuntamento di fronte il Tribunale, il corteo proseguirà attraverso Viale Tommaso Cannizzaro, Piazza Cairoli,Viale San Martino, per poi fare inversione invia Sante Cecilia e proseguire nuovamente verso Viale San Martino, Via Tommaso Cannizzaro, Cavalcavia e San Raineri.

Il corteo sosterà anche davanti all’ingresso dell’autoparco della Polizia di Stato dove è custodita la carcassa della macchina utilizzata dal giudice Falcone il giorno della strage. Seguirà un breve momento di raccoglimento. L’associazione invita la cittadinanza intera a partecipare all’evento in quanto si tratta di un riconoscimento alla memoria di un grande uomo che è morto per la propria terra e non manca di ringraziare e le associazioni e gli enti che, spontaneamente, hanno dato la propria adesione all’iniziativa: IV° Quartiere-V° Quartiere-Associazione Neapolis-Associazione Virgilio-Comitato Giovani e Messina – Rete Lilliput Messina – Associazione Indipendentemente – Università eclettica – Centro Senza Frontiere.

cuore77
00sabato 23 maggio 2009 11:00
NON FACCIAMO MORIRE GIOVANNI FALCONE PER LA SECONDA VOLTA!

A distanza di 17 anni dalla strage di Capaci, è ancora vivo il ricordo del giudice Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca e degli uomini della sua scorta, Antonio, Rocco e Vito, fatti esplodere da mano mafiosa il 23 maggio del 1992.

Ricordare, ed è questo ciò che forse oggi conta sottolineare maggiormente, non deve diventare soltanto un mero rituale da compiersi, come vuole la tradizione, anno per anno.

Ricordare e tenere viva la propria memoria significa imparare dal passato, assumere la vita di coloro che hanno compiuto il loro dovere in nome di una terra libera, come modello ed esempio di dignità umana.

“Occorre compiere fino in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché è in ciò che sta l'essenza della dignità umana” sottolineava il giudice Falcone. Un uomo che probabilmente non avrebbe mai accettato di essere definito un eroe, consapevole che la straordinarietà e l’importanza del proprio lavoro derivava dal fatto che erano quasi tutti altri a tacere e piegare la testa al sistema mafioso, compresi molti dei suoi stessi colleghi.

“Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola”.

Alla commemorazione del giudice Falcone, Paolo Borsellino disse: «La lotta alla mafia non deve essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale, che abituasse tutti a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che si contrappone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità».

Oggi il puzzo che Borsellino denunziava lo si sente di nuovo, forse più forte di prima. La politica si è trasformata in cordate di interessi, contaminazione fra apparati dei partiti, mondo affaristico-economico e malaffare. Ne sono figli il clientelismo e varie forme di illegalità, fino alla corruzione e alle collusioni con la mafia.

Chi tresca con mafiosi offende questa memoria. Ed il tradimento si moltiplica se la società civile, invece di indignarsi per queste vergognose contiguità o complicità, si tura il naso fingendo di non sentire il puzzo. O cerca di esorcizzarlo autoconvincendosi che così va il mondo e non c'è nulla da fare.

Inquietanti, preoccupanti e scandalose sono le recenti indagini che settimana dopo settimana svelano il vero volto dei politici,siciliani e non: accuse di voto di scambio, concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione e tangenti, ecc..

Abbattere la sintesi tra Sicilia e sistema mafioso è una priorità: non c’è sviluppo senza legalità e non c’è legalità senza l’onestà intellettuale di ognuno dei 5 milioni di abitanti della nostra bella isola. Isoliamo i protagonisti di una vita politica e sociale corrotta fino all’osso. Non facciamo morire Giovanni, Francesca, Antonio, Vito e Rocco per la seconda volta.

cuore77
00sabato 23 maggio 2009 11:18
Non starò qui a postare tutti gli articoli reperibili sull'argomento...tanto servirebbe a ben poco...e ai più potrebbe non interessare!!

Stragi come quella di Capaci e/o tante altre meno "note",che non hanno avuto altrettanto "clamore" perchè in esse hanno perso la vita persone dai nomi meno altisonanti...rispetto a quello di Falcone e Borsellino,dovrebbero comunque far riflettere ognuno di noi,o perlomeno coloro che hanno una coscienza!

Riflettere non significa pensarci ma DARE CONCRETAMENTE IL PROPRIO CONTRIBUTO affinchè il sacrificio di questi EROI non sia stato vano.
...Perchè le cose POSSONO CAMBIARE...e sta a noi farlo...

Non rimaniamo indifferenti di fronte al marciume che ci circonda.
Se vogliamo un mondo migliore,lottiamo per averlo.

Non spreco altre parole.

Sono le vostre coscienze che devono parlare e agire.

Vi lascio una citazione di J. F. Kennedy -citazione che Giovanni Falcone amava spesso riferire:

Un uomo fa quello che è suo dovere fare, quali che siano le conseguenze personali, quali che siano gli ostacoli, i pericoli o le pressioni.
Questa è la base di tutta la moralità umana.




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